giovedì 22 giugno 2017

Salve a tutti, volevo dedicare questo post all'importanza che hanno le associazioni per le persone affette dalla Sindrome di Down. E' molto importante per queste persone passare del tempo insieme a persone affette dalla loro stessa patologia. Insieme possono divertirsi, condividere nuove esperienze e socializzare. E' importante fare passare a loro del tempo insieme a persone simili a loro perché in questo modo possono tendere verso all'integrazione e alla socializzazione. 
Alcune associazioni fanno passare alle persone affette dalla Sindrome di Down intere giornate insieme. Questo permette alle persone affette da questa patologia di non percepirsi come diverse ma anzi di vedere che tante altre persone vivono nella loro stessa condizione. 
I genitori devono favorire questi percorsi di integrazione e socializzazione in modo tale da aprire nuovi orizzonti ai loro figli. 

lunedì 19 giugno 2017

Salve a tutti, la famiglia, come accennato più volte, è il luogo privilegiato di educazione e integrazione del figlio affetto dalla Sindrome di Down. Attualmente i genitori riescono a sapere anche durante la gravidanza se il figlio è affetto da questa patologia oppure nei primi giorni di vita del bambino. 
Dopo aver appreso questa notizia, ci possono essere varie reazioni, anche intense e sconvolgenti perché i genitori devono rendersi conto che la condizione del figlio influenzerà profondamente tutta la loro vita futura. I genitori sono chiamati a "ripensare" e ristrutturare la propria vita e ciò richiede tempo ed energia. Il problema non si focalizza quindi sulla diagnosi, ma sulle conseguenze di tale diagnosi. I genitori devono informarsi e prepararsi sull'argomento in modo tale da conoscere bene le caratteristiche generali di tale patologia. I genitori devono essere inoltre affiancati da persone competenti per riuscire ad affrontare il problema nel modo più adatto possibile. 
Concludo ribadendo che la famiglia è il sistema di relazioni fondamentale per il bambino affetto dalla Sindrome di Down. 

giovedì 15 giugno 2017

Salve a tutti, come detto in post precedenti, le persone con Sindrome di Down devono poter integrarsi all'interno della società come tutte le altre persone. Al giorno d'oggi ci sono molte persone affette da questa sindrome che vivono fino oltre 60 anni, però, nonostante ci siano anche delle testimonianze positive, molte persone affette dalla Sindrome di Down non hanno un lavoro e vivono a casa con i genitori anziani. Il 61% delle persone con questa sindrome ha più di 25 anni e l'attesa di vita si attesta attorno ai 60. Da questi dati possiamo comprendere che c'è bisogno di nuove prospettive. 
E' fondamentale promuovere soprattutto la loro autonomia fin dai primi anni di vita, a partire dal percorso e lavoro scolastico poiché attraverso la scuola possono acquisire conoscenze e competenze, ma soprattutto socializzare e maturare comportamenti adeguati tramite l'imitazione. 
Il problema sorge alla fine del percorso scolastico quando non ci sono concrete prospettive lavorative e le persone con la Sindrome di Down iniziano a trascorrere la loro vita limitando sempre di più le relazioni sociali. Bisogna quindi riuscire a promuovere maggiormente la loro autonomia per farle sentire persone utili alla società anche perché molti di loro hanno buonissime capacità e potrebbero essere inseriti in vari contesti lavorativi. 

martedì 13 giugno 2017


Salve a tutti, avrei piacere di condividere con voi un’altra esperienza personale. Conosco una signora che ha avuto due gemellini: uno dei due affetto dalla Sindrome di Down! Questa mamma è stata davvero brava poiché ha cercato di vedere questo avvenimento fin da subito in modo positivo, nonostante, a volte, ci siano stati momenti di sconforto. Io ho passato qualche ora con questo bambino e ho potuto osservare diverse cose: l’importanza dell’appoggio e del calore della famiglia ovvero del gemellino che giocava con lui e della mamma che lo trattava come qualsiasi altro bambino valorizzando i suoi limiti e cercando di trasformarli in risorse. Un altro aspetto importante è l’integrazione che questo bambino ha potuto avere all'interno della società: infatti grazie alla mamma, che fa parte di varie associazioni, ha potuto passare del tempo con altri bambini affetti dalla stessa patologia (ma non solo). Mi ha colpito vedere come nonostante i momenti difficili, ci siano molti genitori che, con il tempo, accettano la situazione dei loro figli e cercano di fare in modo di trasformare il tutto in maniera positiva.

domenica 11 giugno 2017

Salve a tutti, come ho detto più volte i bambini affetti dalla Sindrome di Down devono essere integrati nella società come qualsiasi altro bambino. Nell'integrazione e nell'educazione sono molto importanti la famiglia, la scuola e la società! La famiglia é di sicuro il luogo privilegiato dell'integrazione e dell'educazione poiché segue il bambino in tutti gli ostacoli della vita ed inoltre è fondamentale per l'interazione con la scuola e la società. La scuola contribuisce all'educazione soprattutto per i problemi che possono riguardare gli obiettivi scolastici adeguati allo sviluppo cognitivo, emotivo, affettivo e sociale dei bambini con sindrome di Down. La società invece ha un ruolo importante per quanto riguarda l'integrazione sociale extrascolastica e extralavorativa. Attraverso l'interazione di famiglia, scuola e società i bambini affetti dalla Sindrome di Down possono avere una vita come le altre persone, integrate nella società!

venerdì 9 giugno 2017

Salve a tutti, volevo condividere con voi un'esperienza personale! Quando ero alle elementari, una mia amica in classe con me, aveva un fratellino affetto dalla Sindrome di Down che veniva sempre a prenderla a scuola con la sua mamma, Questo bambino aveva circa 2 anni. I miei compagni di classe (ancora immaturi) spesso quando lo vedevano facevano delle battute poco piacevoli. Aveva 2 anni  ma non sapeva ancora camminare e si sedeva per terra a giocare. Alcuni giorni io mi fermavo con lui a giocare un po': per me era uguale a tutti gli altri bambini e infatti lo era davvero. Ci ha messo di più degli altri bambini a imparare a camminare e di sicuro avrà dovuto superare (insieme alle persone che gli vogliono bene) altri ostacoli, ma ha raggiunto obiettivi importanti come gli altri bambini. Io l'ho visto per diversi anni quando appunto frequentavo le elementari poi non ho più avuto contatti finite le elementari e quindi non l'ho più visto però in quegli anni ho potuto osservare vari miglioramenti. E' un'esperienza che a distanza di anni mi ricordo ancora e che mi ha colpito perché la mamma di questo bambino e sua sorella (in classe con me) lo amavano un sacco e si vedeva da come ne parlavano e da come si comportavano nei suoi confronti. La famiglia, insieme alla scuola, agli amici e alla società e una delle componenti fondamentali per far crescere questi bambini in un ambiente sicuro, che non guarda alle piccole differenze e che fa sentire i bambini affetti da questa sindrome accettati come tutti gli altri!

martedì 6 giugno 2017

Questa è la storia di Lucy e di due genitori che nonostante sapessero era una bambina affetta dalla Sindrome di Down, hanno deciso di portare a termine la gravidanza. I genitori raccontano che anche nei periodi di sconforto, c'è sempre stata una speranza e che Lucy è stata una grande gioia e una bambina speciale da cui hanno imparato molto! Buona visione!

domenica 4 giugno 2017


Salve a tutti, ho trovato una testimonianza molto bella che fa riflettere su molti temi inerenti a bambini affetti dalla Sindrome di Down. Questa è la storia di Caterina e dei suoi genitori che quando scoprirono di aver dato alla luce una figlia Down rimasero sconvolti e non sapevano come comportarsi perché pensavano che fosse una persona completamente diversa da solo. Invece Caterina somigliava al papà e crescendo faceva tutte le cose che facevano gli altri bambini. Caterina, ormai cresciuta, torna da scuola da sola, sa leggere e scrivere bene e affronta le verifiche a scuola come tutti i suoi coetanei. Da questa storia possiamo vedere come una bambina Down, con l'aiuto della famiglia, di strutture adatte e di persone professioniste in grado di aiutarla, possa avere una vita normale. Qui sotto ho messo la storia di Caterina, vi auguro una buona lettura!

"La nascita di Caterina
tratto da: Istituto Italiano di Medicina Sociale, 1993. E'nato un bambino Down. Guida per i genitori.

La mia prima figlia, Caterina, ha oggi 14 anni ed ha la sindrome di Down. Ricordo ancora in maniera chiara le emozioni e i sentimenti provati durante la gravidanza e dopo la nascita.
Io e mio marito decidemmo di avere un bambino dopo circa un anno di matrimonio. Il periodo dell'attesa fu molto sereno, e, come avviene di solito in gravidanza, avevo immaginato in maniera precisa come sarebbe stato il bambino che stavo aspettando. Per esempio bello, intelligente, buono e con i capelli rossi e gli occhi verdi come quelli di mio marito. Per tutti i nove mesi non mi sfiorò mai l'idea che il bambino ,potesse avere dei problemi.
Dovettero sottopormi al parto cesareo e, quando mi svegliai dall'anestesia, cominciai  subito a percepire un'atmosfera strana intorno a me: senz'altro mio marito, i miei genitori e gli altri parenti non avevano un atteggiamento adeguato al lieto evento. Parecchie ore dopo il parto, dopo aver superato i primi dolori dopo il risveglio dall'anestesia, chiesi di vedere la mia bambina. Appena mi fu messa la culletta vicino al letto, allungai il collo per vederla e il sorriso che avevo sulle labbra mi svanì a causa di un pensiero che mi folgorò: "E' mongoloide". Non riuscii a dire niente, per paura forse di ricevere delle conferme.
In seguito venni a sapere che il pediatra della clinica aveva dato la notizia a mio marito dieci minuti dopo il parto, dicendo però che non era certo della diagnosi e lo aveva consigliato di non dirmi niente fino a quando non mi sarei ripresa dal cesareo.
Fu così che cominciammo la nostra vita di genitori: io che temevo di fare domande e lui che cercava di proteggermi da una cosa che avevo già capito.
Furono quindici giorni terribili, in certi momenti mi sembrava che i miei sospetti fossero sbagliati, perchè mia figlia somigliava a mio marito (io pensavo, invece, che le persone Down fossero tutte uguali fra di loro) e in altri momenti, al contrario, mi sembrava che non ci fossero dubbi: Caterina era proprio Down.
Finalmente feci delle domande precise a mio marito e lui mi confermò che purtroppo anche i medici avevano fatto la stessa diagnosi. Tuttavia avevano rinviato la certezza ad una analisi: quella relativa alla mappa cromosomica, che avrebbe evidenziato se Caterina aveva normalmente 46 cromosomi o 47 come le persone Down. Finalmente riuscimmo a far fare il prelievo alla bambina per l'analisi, e qui cominciammo ad avere delle informazioni più corrette: non era vero che le persone Down erano uguali fra loro, oltre alle caratteristiche dovute alla Sindrome, ne avevano altre ereditate dai genitori. Non era vero che la certezza della diagnosi poteva essere data solo dall'analisi, ma poteva essere raggiunta anche con una visita clinica. Infatti il genetista che aveva effettuato il prelievo si disse certo che Caterina avesse la sindrome di Down. Comunque aspettammo l'esito  dell'analisi e, in fondo, speravamo che ci fosse stato un errore. Invece quando fummo convocati il responso fu inequivocabile: si trattava di sindrome di Down. Il risultato così definitivo non lasciava più spazio a nessuna speranza, però metteva fine a quell'altalena dolorosa di illusioni e di sconforto.
La diagnosi ci fu comunicata da un professore che ci dedicò molto tempo, rispondendo, come poteva, alle nostre infinite domande. Egli sottolineò tutto quanto i bambini Down hanno di positivo pur nella loro diversità e ci spinse, anche, ad incontrare altri genitori che vivevano il nostro stesso problema. Questi furono i primi contatti col problema di nostra figlia; ora piano piano dovevamo dimenticare tutte le aspettative dell'attesa e imparare a conoscere questa bambina sconosciuta di cui, però, sapevamo una cosa tremenda: aveva un deficit intellettivo.
Il primo anno di vita di mia figlia fu ulteriormente complicato da una grave cardiopatia che non le permetteva di crescere bene, di alimentarsi adeguatamente, di dormire serenamente, di muoversi e di giocare. L'unica cosa che mi faceva sperare e credere in lei erano i suoi occhi, sempre attenti, che seguivano tutto ciò che succedeva intorno a lei. Dopo l'operazione, fatta ad un anno e due mesi, Caterina cambiò: era una bambina Down ma fisicamente sana. Cominciò a crescere, a muoversi e a fare tutte quelle cose che fino ad allora aveva seguito solo con gli occhi. Anche il nostro rapporto cambiò, cominciai a proporle tutte le cose che avrei proposto ad un altro bambino e lei cominciò a rispondere. Vedevo che comprendeva le regole educative che di solito si insegnano a tutti i bambini, e che era interessata a mangiare, a lavarsi, e  spogliarsi da sola e vi riusciva senza estreme difficoltà. Questi primi successi mi spinsero ad avere un atteggiamento di fiducia nei riguardi di mia figlia che non mi ha più abbandonato.
Oggi è una ragazza molto autonoma e sicura di sè. All'uscita dalla scuola torna a casa da sola, affrontando un percorso a piedi di venti minuti. E' consapevole del suo stato e riesce a superare i momenti di crisi, che a volte vive, con il nostro aiuto e la sua forza di carattere, che è notevole. Ha imparato a leggere e scrivere bene, tanto che a scuola, nelle materie letterarie ha seguito lo stesso programma degli altri, anche se semplificato. Il grosso scoglio è la matematica ma ha risolto il problema imparando da sola ad usare la calcolatrice.
E' una ragazza serena e capace. Sono convinta che riuscirà, con il nostro aiuto, a trovare in futuro un'attività lavorativa che le dia soddisfazione e, nello stesso tempo, le permetta di non essere un peso per la società.
A.R.

venerdì 2 giugno 2017



Salve a tutti ho allegato questo video molto bello che fa vedere come anche i bambini Down possono diventando grandi avere una vita simile agli altri. Qui si vedono dei figli che cercano di placare le paure delle mamme dicendo tutto quello che potrebbero fare in futuro. Buona visione!